941 Posts

Incastrati dalle telecamere, dai carabinieri, i due amanti avrebbero appiccato 3 locali di Buccinasco. I motivi non sono ancora chiari anche se i due hanno agito sotto le telecamere a volto scoperto e lasciando vari indizi. Il primo incendio è avvenuto la sera del 28 maggio, quando un rogo aveva distrutto un locale dove era situata una palestra. L’esercizio era rimasto vuoto per oltre dieci anni fino a quando la coppia non aveva deciso di acquistarlo. Le telecamere di sorveglianza del comune hanno evidenziato che non si trattava di criminalità organizzata, bensì i due amanti.

 

Quella sera, poco prima dell’incendio, le telecamere hanno ripreso un’auto accostarsi al locale. Dalla macchina sono usciti un uomo e una donna che sono entrati nel locale a volto scoperto e hanno oscurato la telecamera che si trova all’ingresso della palestra. Dopo aver appiccato l’incendio i due sono andati via e ritornati pochi minuti dopo per accertarsi del risultato. Secondo il nucleo operativo dei vigili del fuoco, l’accelerante era stato messo accanto a dei tubi del gas. Questo avrebbe potuto provocare un’esplosione potenzialmente fatale per tutto l’edificio. La macchina è stata rintracciata dai carabinieri e appartiene al dentista 67enne che ha lo studio al piano superiore.

 

Dopo aver identificato il dentista, tradito non solo dalla macchina ma anche dalle telecamere di videosorveglianza comunali, gli inquirenti hanno iniziato a tenerli d’occhio per raccogliere ulteriori prove. La sera del 27 giugno i due hanno colpito ancora. Questa volta uno studio di pilates che si trova affianco e gestito da una 50enne con cui il professionista era legato in una relazione extraconiugale per una decina d’anni. Stesse modalità del primo incendio, questa volta senza successo. Per evitare danni all’edificio i carabinieri sono subito intervenuti per fermare i due amanti. L’incendio in palestra serviva a far scendere il prezzo dell’immobile prima di acquistarlo

Grazie alla diffusione dei video di sorveglianza presenti nel carcere di Santa Maria Capua, si è riusciti a fare chiarezza su quanto accaduto lo scorso 6 aprile 2020.
L’istituto penitenziario in questione è stato spesso soggetto di indagini. Molte delle associazioni che si occupano dei diritti dei detenuti hanno definito il carcere inappropriato, con scarse condizioni igieniche e invaso dagli insetti per via della sua vicinanza alla discarica. Prima dell’accaduto la struttura ospitava circa un migliaio di persone, in contrapposizione alla capienza massima di 809 posti.

 

Lo scorso Aprile 2020, nel corso della pandemia, molti detenuti si sono ribellati alle scarse misure attuate nei carceri contro il COVID-19, in particolare in alcune sezioni del “Nilo” (un reparto del carcere) i detenuti chiedevano la possibilità di avere mascherine e igienizzanti per le mani per poter ridurre il rischio di diffusione del coronavirus. Pretese che erano fondate in una struttura dove il sovraffollamento aveva reso evidente l’impossibilità di un distanziamento sociale. Il 5 Aprile la protesta inizia a diventare più intensa, i detenuti iniziarono a battere contro le sbarre delle celle, a costruire una barriera con le brande per reclamare i propri diritti. Il giorno dopo agenti di polizia penitenziaria del carcere ed esterni organizzarono delle perquisizioni avvalendosi anche di un abuso di potere, con lo scopo di rispondere a quanto accaduto il giorno precedente.

 

Le violenze attuate contro i detenuti sono durate per circa quattro ore: gli agenti picchiano i detenuti mentre i detenuti cercano di proteggere la testa con le mani. Sono stati utilizzati anche i manganelli, consentiti in realtà solo in casi di urgenza. Nelle settimane successive alle violenze del 6 aprile, diverse persone detenute o da poco uscite dal carcere denunciarono le aggressioni e le minacce avvenute nel carcere. Un agente minacciò alcuni occupanti di una cella dicendo che sarebbe tornato il giorno successivo per picchiarli. Altri subirono aggressioni mentre venivano fatti transitare da una sezione all’altra del carcere, come mostrato anche dai video delle telecamere.

Non ce l’ha fatta Michele Merlo, artista musicale di appena 28 anni. L’ex concorrente di X-factor e di Amici è stato colpito da una leucemia fulminante che gli ha provocato una emorragia cerebrale. Ricoverato nel reparto di terapia intensiva dell’ospedale Maggiore di Bologna, le condizioni di Michele erano apparse sin da subito delicate: “versa in condizioni gravissime”, aveva fatto sapere la famiglia Merlo. Il giorno prima del malore Michele era stato mandato a casa dal pronto soccorso perché secondo i medici aveva solo placche alla gola: “Sono incazzato, mi hanno detto che intaso il pronto soccorso”, avrebbe detto alla fidanzata. È scattata un’indagine all’interno della Ausl bolognese, per ricostruire quanto accaduto nel caso di Michele Merlo

I familiari del giovane, in arte Mike Bird, nei giorni precedenti, avevano allertato i fans in una nota diffusa dai consulenti: “I medici ci hanno purtroppo comunicato che le condizioni di Michele stanno peggiorando di ora in ora. Michele si sentiva male da giorni e mercoledì si era recato presso il pronto soccorso di un altro ospedale del bolognese che, probabilmente, scambiando i sintomi descritti per una diversa, banale forma virale, lo aveva rispedito a casa. Anche durante l’intervento richiesto al Pronto soccorso, nella serata di giovedì, pare che lì per lì non fosse subito chiara la gravità della situazione». La famiglia Merlo precisa che il giovane non è stato in nessun modo vaccinato contro il Covid, smentendo categoricamente quanto alcuni disinformati scrivono sui social. Ribadiscono: “è stato colpito da una severa forma di leucemia fulminante con successiva emorragia cerebrale».

Michele Merlo durante le scorse giornate aveva pubblicato un post sul suo profilo IG che rappresentava un tramonto e aveva scritto: “Vorrei un tramonto ma mi esplode la gola e la testa dal male. Rimedi?”. I social sono ora tempestati di messaggi che parlano del dolore che avvolge tutti coloro i quali hanno conosciuto il giovane.

Sophia Loren arriverà a Firenze per inaugurare il nuovo ristorante a cui è stato dato il suo nome. Icona del cinema italiano nel mondo, passerà l’intera giornata di sabato 5 Giugno a Firenze, città che ha da sempre suscitato l’interesse dell’attrice italiana ma che ha potuto visitare solo poche volte durante la sua illustre carriera. “Una città bellissima”, l’ha definita. Alle ore 13:00 Sophia Loren arriverà al Cortile di Michelozzo di Palazzo Vecchio dove riceverà dal Comune una pubblica distinzione onorifica come segno di riconoscimento, onorificenza attribuita ai grandi personaggi della storia culturale e artistica italiana che danno decoro alle arti. Per l’occorrenza, il Sindaco del capoluogo toscano Dario Nardella consegnerà le Chiavi della città all’illustre icona.

 

Sarà poi protagonista, poco dopo, del taglio del nastro di “Sophia Loren- Original Italian Food”: l’attrice napoletana, due volte Premio Oscar, ha dato il suo consenso e ha offerto la sua collaborazione per questo investimento nell’ambito della ristorazione. Ritiene che questa opportunità le possa permettere di continuare a vivere nuove esperienze: “questa nuova avventura è la naturale evoluzione del mio modo di affrontare la vita con curiosità ed entusiasmo. Per me vivere vuol dire fare nuove esperienze, appassionarmi, sperimentare, lavorare a nuovi progetti perché tutto questo è un pretesto per rimettermi in gioco, per continuare ad imparare. Quando mi è stato proposto di partecipare a questo progetto non ho avuto dubbi perché questo ristorante racchiude in sè alcune delle cose che più amo: la cucina italiana, i momenti di convivialità ad essa legati e poi diversi dei miei personaggi sono in qualche modo legati alla cucina”.

 

Al nuovo ristorante, localizzato in piazza della Repubblica, si potranno gustare prelibatezze italiane: sfogliatelle, pizze firmate dal miglior pizzaiolo d’Italia 2020 Francesco Martucci, primi piatti di cui lo “Spaghetto al Pomodoro” e il “Mezzo Pacchero Provola e Pancetta” preparate da Gennarino Esposito, chef con due stelle Michelin.

L’influencer più conosciuta e amata del mondo utilizza i mass-media per sensibilizzare i suoi
fans all’adesione ai vaccini. Chiara Ferragni afferma sui social “Fatelo tutti, mi sembra di
vedere la luce in fondo al tunnel dopo un anno e mezzo. Questo è l’unico modo per uscire
dall’incubo”. Così la giovane donna pubblica una foto sorridente nel momento dell’iniezione
del vaccino contro il COVID-19. Ha poi aggiunto un appello nelle “storie” di Instagram:
«Vaccinatevi tutti, da stasera sono aperte in Lombardia le iscrizioni anche per gli under 30.
Mi raccomando, è l’unico modo per uscire da questo incubo».

La donna ha poi proseguito con elogi alla regione della Lombardia, la quale è riuscita a riprendersi dopo un lungo
periodo buio. Nel post stessi concetti ma, come spesso fa l’imprenditrice, in lingua inglese:
«Un momento così emozionante che sembrava davvero lontano ed è finalmente arrivato».
La giovane sembra mostrare un grande entusiasmo e fiducia dopo un lungo periodo buio.
Non è la prima volta che Chiara Ferragni lancia un appello ai suoi followers per quanto
riguarda l’emergenza sanitaria. Quest’ultima, insieme al marito Fedez, spesso si è esposta
come garante delle esigenze dei cittadini. Hanno dimostrato quanto i mezzi utilizzati nella
realtà virtuale siano un grande potere, utilizzabili per scopi nobili.

Oggi è l’influencer italiana più conosciuta al mondo, ma è anche un’imprenditrice sotto
diversi punti di vista, avendo costruito un vero e proprio impero attraverso il suo marchio di
abbigliamento e calzature. Se oggi gli influencer sono determinanti, lo saranno ancora di più
nei prossimi anni quando questo tipo di marketing si svilupperà ulteriormente. Una cosa è
certa, in Italia Chiara Ferragni ha un potere mediatico enorme, ma per fortuna, come ha
dimostrato più volte, lo mette al servizio di cause nobili, come avvenuto nella primavera del
2020 con la raccolta fondi da record per l’emergenza Covid in Lombardia

Tragedia familiare avvenuta nel pomeriggio a San Lorenzo, un quartiere di Roma. Un uomo, Marco Svezia, è stato trovato assassinato nel suo appartamento. Il corpo, alla prima ispezione dei poliziotti e del medico legale, presentava evidenti ferite d’arma da taglio. A denunciare l’accaduto è stata una persona che passando per strada, ha udito delle urla provenire dall’appartamento in questione, posta in un piano basso dello stabile. L’uomo lavorava da anni come custode del palazzo. Gli agenti e i vigili del fuoco si sono precipitati a seguito della segnalazione e dopo essere entrati nell’appartamento scoprono il 53enne privo di sensi. Nonostante i tentativi di soccorso la vittima era già deceduta.

Durante le indagini, a pochi passi dalla vittima, gli agenti hanno trovato chiuso nel bagno il figlio dell’uomo, Daniele, di soli 18 anni, intento a provocarsi delle lesioni con un coltello stretto in pugno. Immediatamente sono avvenuti i soccorsi per il giovane, il quale è stato condotto all’ospedale e successivamente ricoverato in prognosi riservata al Policlinico Umberto I. A seguito di un sopralluogo seguito dagli investigatori e dalla polizia scientifica, non si è escluso l’ipotesi di un omicidio, che probabilmente ha condotto a un atto di tentato suicidio determinato dal “senso di colpa”.

Dalle indagini in corso è emerso un difficile rapporto padre-figlio che ha necessitato più volte di un intervento da parte delle forze dell’ordine a seguito di irruenti liti. Il ragazzo, tossicodipendente, era solito chiedere soldi al padre, quest’ultimo conoscendo le intenzioni del figlio si sottraeva a tale richiesta e ciò determinava un conflitto tra i due. Sotto indagine anche la moglie della vittima e madre del ragazzo, la quale, durante l’accaduto di questo lunedì pomeriggio era assente, per impegni lavorativi. La vicenda ha ancora i contorni da chiarire, ma ci sono alcune drammatiche certezze. Tra queste vi è l’ipotesi plausibile di una lite familiare finita male, alla luce dei precedenti eventi

Eitan, unico sopravvissuto alla strage di Stresa, si è risvegliato dal coma: le prime parole hanno confermato che il piccolo Eitan è cosciente e reagisce agli stimoli sebbene sia comunque tenuto sotto sedazione e seguito da un’equipe di psicologi. La funivia StresaAlpinoMottarone collega la città del Lago Maggiore con la vetta del del Mottarone ma quella che poteva essere una giornata all’insegna della spensieratezza si è consumata in una vera e propria tragedia: il cavo della funivia si sarebbe consumato poco alla volta fino a spezzarsi e la disattivazione del freno di emergenza ha contribuito alla caduta della cabina. Perdono la vita 14 persone tra cui i genitori del piccolo Eitan, unico sopravvissuto, il fratellino e i bisnonni.

 

Eitan Moshe Biran, cinque anni, unico sopravvissuto alla strage di Stresa si risveglia dal coma. È ricoverato nel reparto di rianimazione, al terzo piano dell’ospedale Regina Margherita di Torino, pian piano i medici stanno tentando di stimolare delle risposte. Oggi le prime parole: “Dove sono? Dove sono i miei genitori?”, ha chiesto alla zia a cui ha rivolto lo sguardo familiare. La situazione del piccolo Eitan rimane critica, ma, se il quadro clinico continuerà a migliorare, il piccolo potrà lasciare presto la rianimazione ed essere trasferito in un reparto di degenza.

Eitan è seguito da un’equipe di psicologi i quali hanno sottolineato che “la comunicazione dell’accaduto è un percorso lungo e delicato”. Per ora hanno solo detto al bambino che si trova in ospedale e che ha dormito per molto tempo. Parla la psicologa Oliviero Ferraris che ritiene opportuno che sia un familiare, con cui il piccolo avrebbe avuto una confidenza intima ancor prima dell’accaduto, una persona a lui cara che si prende tale responsabilità affiancata da una figura professionale. È importante inoltre, aggiunge, che si parli dell’accaduto a più riprese agganciandosi alle credenze religiose.

apartment-3564955_1920

Sappiamo tutti quanto vale la casa in cui abitiamo? Spesso è una questione che ci sfugge, e proprio nel momento in cui nasce l’esigenza di voler cambiare casa, allora ci poniamo questa domanda e poi ci affrettiamo ad offrire al pubblico l’abitazione in cui viviamo. Siamo sicuri di riuscire a farlo nel modo corretto e migliore possibile? Per farlo nel modo piu’ efficace possibile chiedere aiuto a un’agenzia immobiliare è la scelta migliore. Perché chi opera all’interno di un’agenzia immobiliare ha tutte le competenze necessarie non solo a valutare l’immobile, ma anche a trovare numerosi potenziali clienti.More Link

Omicidio colposo plurimo, disastro colposo e rimozione degli strumenti atti a prevenire gli infortuni aggravato dal disastro e lesioni gravissime. Queste le accuse che hanno portato, nella notte, ai tre fermi. A essere coinvolti sono Luigi Nerini, amministratore della società Ferrovie del Mottarone che gestisce la funivia, Gabriele Tadini, direttore del servizio, ed Enrico Perocchio, caposervizio. Secondo l’ipotesi accusatoria, i tre fermati avrebbero acconsentito a lasciare il forchettone in posizione tale da non causare blocchi alla funivia e non interrompere il servizio. Il trasporto quindi, avveniva senza le dovute precauzioni. Con il “fochettone” al suo posto, la funivia si sarebbe fermata a causa del blocco di emergenza.

 

Nella manutenzione effettuata agli inizi di maggio, il problema sarebbe stato solo in parte risolto e i tre, per evitare ulteriori interruzioni del servizio, avrebbero agito impedendo al freno di emergenza di funzionare regolarmente. Secondo il procuratore questo comportamento è sconcertante. Per molto tempo i tre responsabili avrebbero preferito continuare a mettere a rischio i passeggeri, piuttosto che intervenire più radicalmente e risolvere il problema. La manutenzione ovviamente, avrebbe richiesto del tempo e il servizio sarebbe stato interrotto. Il cavo trainante, infatti, è considerato l’innesco della tragedia sulla funivia del Mottarone.

 

Il procuratore di Verbania Olimpia Bossi, commenta con parole forti: ”Si tratta di un comportamento molto sconcertante, consapevole dei rischi, si è preferito il guadagno alla sicurezza delle persone che utilizzavano la funivia”. Le casse dell’impianto erano state già messe a dura prova a causa delle misure imposte dall’emergenza sanitaria nazionale. In questo periodo l’impianto è stato chiuso, aggravando la situazione, un’ulteriore chiusura per via della manutenzione straordinaria non avrebbe permesso di riprendere il servizio ma avrebbe scongiurato la morte di molte persone.

Sonia Bruganelli, produttrice e moglie di Paolo Bonolis, racconta a “Belve” del difficile periodo che ha attraversato dopo la nascita della sua prima figlia, affetta da un problema cardiaco. Parla senza filtri, mettendo a nudo ogni verità: “E’ stata una delusione fortissima. Con enorme fatica ho dovuto abdicare al ruolo di madre”.

Sonia Bruganelli ha avuto la sua prima bambina, Silvia, quando aveva 27 anni ma ha ricordi non belli di quel momento: la figlia nasce con un problema cardiaco grave, motivo per il quale, appena nata, ha dovuto subire immediatamente un intervento chirurgico molto complicato da cui però sono scaturite le conseguenze più dolorose. L’operazione aveva risolto il problema a livello cardiaco, racconta la produttrice, con una voce sottile e rotta dall’emozione, ma ci sono state delle complicazioni che hanno causato dei problemi persistenti di tipo motorio: dopo l’intervento la figlia ha avuto una ipossia cerebrale e danni neurologici, per fortuna non cognitivi, che hanno devastato la giovane mamma.

La compagna di Paolo ci fa sapere che la bambina, oggi ormai diciottenne, non è autonoma e questo acuisce la sofferenza di Sonia ma col sorriso ci fa sapere anche che sta facendo dei grossi miglioramenti. Ha ricordato quei mesi terribili: “Quando è nata nostra figlia c’è stata una crisi vera, familiare. Ho dovuto affrontare io una crisi esistenziale importantissima. E’ stato un momento di rottura che ha portato un allontanamento anche da lui – ha spiegato -. “Paolo si è trovato per più di un anno a fare da mamma e da papà a nostra figlia che aveva enormi difficoltà”. Dopo 20 lunghi giorni a letto, racconta che ha pensato di non farcela, ma è stato proprio il suo secondo figlio a far scattare qualcosa dentro di lei: Venne su Davide e mi disse: ‘Mamma ma tu muori?’. Lì ho capito che non potevo abdicare ad essere madre di nuovo. Non so cosa sia successo, se il farmaco ha fatto effetto. Ho detto: ‘No amore, mamma non muore’. E da lì è cambiato qualcosa”

Utilizzando il sito, accetti l'utilizzo dei cookie da parte nostra. maggiori informazioni

Questo sito utilizza i cookie per fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o cliccando su "Accetta" permetti il loro utilizzo.

Chiudi