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coniglio roditore

Per molto tempo i conigli sono stati classificati come roditori, ma in realtà si tratta di lagomorfi, due ordini totalmente diversi.

Il rinvenimento di un fossile di 55 milioni di anni fa ha portato alla luce un collegamento genetico tra i due, un antenato comune che sembrerebbe imparentarli, con caratteristiche intermedie della dentatura tra roditori e lagomorfi.

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La cremazione in Italia avviene secondo norme nazionali e regionali e, ad oggi, esistono anche una serie di prassi di cui si occupa direttamente l’agenzia funebre a cui le persone desiderano affidarsi. Si tratta di un processo attraverso il quale il corpo del defunto viene arso assieme alla bara con il fine di ridurlo in una polvere molto fine che verrà riposta in un’urna. Oggi vedremo tutto quello che c’è da sapere sulla cremazione in Italia e, quindi, vedremo norme, consuetudini e prassi.

Il funzionamento della procedura di cremazione

La cremazione è una procedura che prevede l’inclusione anche della bara all’interno del forno che viene bruciata assieme alla salma. Nella bara non possono essere inseriti oggetti e suppellettili proprio perché, eventuali rimanenze, vengono poi separate dai resti per la deposizione nell’urna.

La cremazione avviene all’interno di appositi forni a circa novecento gradi. Durante la cremazione il corpo viene arso ma non ridotto in cenere, una procedura che avviene successivamente. I gas liberati dal corpo, invece, passano attraverso un depuratore che previene che questi vadano a finire nell’ambiente circostante.

Costi e leggi sulla cremazione in Italia

La cremazione ha un costo che non supera i cinquecento euro per legge. Chiaramente questo costo fa riferimento alla sola cremazione e non riguarda quelli complessivi del funerale. In ogni regione, quindi, le persone non spendono più di cinquecento euro per la sola cremazione.

Stando alle norme sulla cremazione in Italia le ceneri vengono riposte in un’urna apposita che poi può essere conservata in apposite arie cimiteriali, all’interno della cappella di famiglia o in casa. Chi decide di conservare le urne in casa si impegnerà legalmente e, quindi, dovrà comunicare all’Ufficio Comunale competente qualsiasi cambiamento o spostamento.

Le ceneri possono essere anche disperse e affidate alla terra

Nel nostro Paese tale pratica è vietata all’intero di centri abitati e ogni Comune stabilisce precise norme di dispersione. La decisione di cremare il corpo dei defunti, in Italia, inizia ad avere sempre maggior diffusione. Le ragioni riguardano, in un certo senso, questioni etiche dal momento che il corpo non va incontro alla decomposizione e, quindi, viene considerata un’opzione più pulita e decorosa.

Inoltre la cremazione prevede costi e spazi inferiori ed è favorita da una maggior libertà di azione per la conservazione dei resti. Ci sono anche ragioni religiose, spirituali e filosofiche per cui le persone decidono di voler essere cremate come la volontà di “tornare polvere” disperdendo le ceneri in natura.

Una scelta da rispettare

Qualunque sia la motivazione che spinge una persona a voler essere cremata riteniamo che questa debba essere rispettata alla lettera. I modi per farli sono numerosi e possono consistere in un testamento olografo o in un atto vidimato e depositato presso una delle numerose associazioni attive in Italia proprio per questo scopo.

Quanto alle modalità di dispersione e conservazione occorrerà far riferimento alle norme regionali e locali perché ogni amministrazione prevede precisi protocolli e aree ammesse per la dispersione delle ceneri del caro defunto. Per ogni dubbio, invece, conviene contattare un’associazione o un’agenzia funebre specifica e chiedere chiarimenti.

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Ormai la maggior parte degli italiani possiede una connessione a internet per la rete fissa. Del resto la pandemia, purtroppo ancora in corso, ci ha avvicinati ancora di più a internet e alle tante possibilità che ci offre. Esistono però vari modi per risparmiare sulla connessione a internet, partendo prima di tutto dal considerare di cosa effettivamente si ha bisogno. Tramite Il servizio offerto da Salvaconto è possibile confrontare le tante offerte disponibili oggi in Italia, per trovare il miglior compromesso e così risparmiare, senza dover rinunciare a nulla.More Link

Una forte scossa di terremoto, di magnitudo 4.3, è stata registrata dai sismografi dell’istituto nazionale di geofisica e vulcanologia nel palermitano alle ore 6.14, diffondendo preoccupazioni e terrori tra i cittadini. L’epicentro sarebbe stato localizzato in mare, al largo di Cefalù. Il sisma è stato avvertito chiaramente dalla popolazione soprattutto nella zona delle Madonie, ma anche nel capoluogo in molti sono stati svegliati dal tremore. Numerose le chiamate ai vigili del fuoco. Secondo un’accurata analisi da parte di professionisti, fino ad ora non sono stati segnalati danni a cose o persone.

 

Secondo le prime ricostruzioni fornite da informazioni disponibili, la scossa è stata avvertita non solo a Palermo e paesi limitrofi, bensì lungo tutta la costa settentrionale della Sicilia, da Santo Stefano di Camastra, in provincia di Messina, fino alla provincia di Trapani. Una scossa seguita da almeno quattro susseguitesi nel corso della mattinata. Alle 6.14 la terra ha cominciato a tremare in molti quartieri. La scossa, avvertita distintamente dalla popolazione, soprattutto nei centri delle Madonie, è stata preceduta da altri due eventi sismici di intensità minore, alle ore 5.23 e alle 5.39, di magnitudo 2.0. La scossa è stata soprattutto avvertita in un’ampia area attorno a Cefalù e ha provocato qualche attimo di paura a causa della forte scossa di terremoto registrata all’alba sulla costa settentrionale siciliana.

 

L’evento sismico ha agitato il risveglio di molti turisti che si sono riversati nelle hall delle strutture alberghiere. Tanta paura tra gli abitanti che sui social network hanno riferito di un evento breve ma abbastanza intenso al punto da aprire ante di armadi e persiane delle finestre.
Secondo le ricostruzioni il terremoto è stato localizzato: 33 Km a E di Bagheria (55387 abitanti)
46 Km a E di Palermo (674435 abitanti)
71 Km a N di Caltanissetta (63360 abitanti)
94 Km a N di Agrigento (59770 abitanti)

Sono morti 13 soldati americani uccisi giovedì nell’attentato di Kabul. Le vittime erano in prima linea per tenere sotto controllo l’evacuazione dei civili americani e afgani, erano pronti a fronteggiare questa guerra infinita quando sono stati colpiti da un attentatore suicida all’aeroporto Hamid Karzai. La prima vittima è Nicole Gee, 23 anni, sorgente dei Marines. Qualche giorno fa la ragazza aveva pubblicato una foto che la ritraeva mentre accudiva uno dei bambini afghani passati al di là della recinzione dell’aeroporto di Kabul. Sotto c’è scritto: “amo il mio lavoro”. Era responsabile della manutenzione con la 24th Marine Expeditionary Unit.

Un’altra vittima è il caporale dei Marines Rylee McCollum, 20 anni, di Bondurant. Si è spostato a febbraio e aspettava un bambino, nascerà tra tre settimane. Sognava sin da bambino di arruolarsi, il padre ricorda le sue imprese eroiche nei confronti dei bambini bullizzati perché non sopportava le ingiustizie. Un’altra vittima dell’attentato è Kareem Nikoui, 20 anni, campione di arti marziali. “Biden gli ha voltato le spalle, la colpa è dei nostri vertici militari”, ha detto il padre della vittima.

Max Soviak era il medico della Marina, aveva solo 22 anni. Durante il liceo fioccava a football, sognando di arruolarsi per inseguire la carriera in marina. Jared Schmitz, aveva 20 anni. 20 anni li aveva anche David Lee Espinoza, “era così coraggioso da partire per aiutare le persone. Era fatto così, era perfetto”, ha detto la madre devastata dal dolore. Dylan Merola, 20 anni, sognava di studiare ingegneria. Johanny Rosario, 25 anni, sergente dei Marines. Darin Taylor Hoover Jr, 31 anni, era un giocatore di football. Hunter Lopez, 22 anni, voleva diventare uno sceriffo. Daegan Page, 23 anni, era un ex boy scout e amava giocare a hockey. Ryan Kmauss, 23 anni, era un soldato dell’esercito americano. Humberto Sanchez è l’ultima vittima. Hanno perso la vita per salvaguardare la vita degli altri.

Nella giornata del 27 Agosto 2021 una nuova tragedia ha visto nuovamente vittima una donna di 25 anni violentata da un egiziano di 31 anni sbarcato il mese scorso a Lampedusa. La vicenda è avvenuta a Milano, nei pressi dell’ospedale San Raffaele, dove la vittima lavorava. L’uomo accusato per lo stupro della giovane donna è un cittadino egiziano di 31 anni sbarcato a Lampedusa all’inizio di luglio.

 

La violenza è avvenuta in strada nei pressi della zona di Cascina Gobba.
Stando a quanto ricostruito anche grazie all’analisi delle telecamere poste sulla scena, l’uomo, senza permesso di soggiorno e senza precedenti penali, ha visto passare la giovane che, verso le 6.30 del mattino, si stava recando a piedi in ospedale imboccando una scorciatoia per raggiungere il luogo di lavoro e l’ha aggredita, trascinandola in una zona non visibile e chiusa e l’ha violentata. Dopo la violenza l’uomo è rimasto ancora qualche minuto sul posto, mentre la 25enne è scappata al lavoro, dove ha raccontato alle colleghe cosa le fosse successo. Ferita e spaventata in uno stato di choc si è rifiutata in un primo momento di rivolgersi alla polizia, ma le colleghe l’hanno convinta a presentarsi nel pomeriggio alla clinica Mangiagalli. Si è arrivati, poi, nel giro di pochi giorni al fermo per violenza sessuale perché gli investigatori della Squadra mobile hanno analizzato tutte le telecamere di sorveglianza della zona incrociando questi dati con i tabulati telefonici.

 

Decisivo è stato anche il riscontro ottenuto con le analisi sul Dna. L’uomo 31enne era sbarcato a Lampedusa all’inizio di luglio.
Nel 206, a seguito di una statistica, si è giunti che in Italia circa 6 milioni e 743 000, cioè il 31,9% della popolazione femminile è stata vittima di stupro, sia verbale che fisico. Un numero preoccupante e sempre in aumento.

Ghulam Ahamad Sultani è stato portato in salvo in Italia dai carabinieri che lo hanno riconosciuto in mezzo alla folla in balìa della disperazione. I carabinieri si sono subito accorti che lui e la sua famiglia fossero in pericolo. Ghulam ha portato con sè una piccola valigia con solo pochi vestiti, non ha bisogno di altro. “Tutto il resto ormai fa parte di un passato che non penso ritornerà più ma i carabinieri li porto nel mio cuore. Se sono vivo è grazie a loro”, dice l’uomo con le lacrime agli occhi.

Grande riconoscimento per Ghulam Ahamad Sultani da parte dei carabinieri del Tuscania, i militari occupati a garantire la protezione dell’ambasciatore. Era il tuttofare dei carabinieri del Tuscania, ma in realtà aveva conquistato la fiducia di ognuno di loro. Lo definiscono “il nostro confidente, l’uomo al quale abbiamo raccontato delle nostre famiglie, delle nostre angosce, anche dei nostri hobby. Era uno di noi e ci manca.” Il comandate a Kabul, Alberto Del Basso, lascia trapelare in senso di nostalgia per la lontananza di Ghulam ma l’affetto è tale da preferire che l’uomo stia lontano da quel posto,al riparo con la sua famiglia.

Ghulam è riuscito a parte per l’Italia insieme alla moglie e cinque figli, volando via dalla folla disperata con l’aereo C130 dell’aeronautica militare. Lascia a Kabul due figlie sposate che pertanto devono restare con i loro mariti. “Erano con noi in aeroporto quella notte del 18 agosto ma non sono riuscite a salire. Piangevo e speravo di trascinarle con noi in mezzo a mille persone”. Commosso dichiara che uno dei suoi più grandi desideri è portare le sue fanciulle in Italia, lontano da ogni pericolo. L’uomo è stato coraggioso, ha sopportato le torture dei talebani che lo hanno picchiato e gli hanno urlato “Sporco comunista, tu lavori per loro”. Hanno provato a cercarlo fino a casa ma è riuscito a nascondersi. Non ha perso le speranze e ora sogna di poter andare a Livorno, nella sede della Tuscania.

La comunità scientifica internazionale sostiene la tesi secondo la quale: il rischio di contrarre una forma virale grave di COVID nelle persone affette da malattie autoimmuni è solo leggermente superiore rispetto a chi non presenta uno stato patologico simile. Altra tesi su cui c’è molto da parlare è la possibilità di assumere le dosi di vaccino per i soggetti affetti da patologie autoimmuni. Nonostante queste tesi siano state convalidate dalla comunità scientifica internazionale, sembrano essere motivo di incertezza e scetticismo. Molte persone sono dubbiose in merito alla sicurezza dei vaccini per chi ha un disturbo autoimmune, cronico o meno.

 

Rita Murri, infettivologa, ha spiegato che poiché i vaccini oggi utilizzati sono a mRna o con adenovirus non provoca alcun effetto collaterale invalidante nei soggetti autoimmuni. Poiché però questi soggetti presentano un deficit della risposta immunitaria, potrebbero riscontrare una risposta più lenta e meno forte al vaccino. Presone con psoriasi, ad esempio, possono sottoporsi alla vaccinazione sebbene alcuni farmaci, biologico o convenzionali, potrebbero ridurre l’efficacia del vaccino. È bene sottolineare, secondo la reumatologa Francesca Romana Spinelli, che i benefici del vaccino superano di gran lunga i rischi.

 

Anche per le donne che allattano il vaccino è sicuro. Gli anticorpi sviluppati in seguito alla somministrazione del vaccino in una donna in fase di allattamento possono sono presenti nel latte materno e vengono passati al neonato. Gli anticorpi possono proteggere il bambino dal COVID. Il latte materno contiene 100 volte più anticorpi dopo la somministrazione di entrambe le dosi del vaccino e questo potrebbe essere funzionale alla crescita e allo sviluppo del bambino, nonché la presenza di anticorpi che il bambino assume grazie al latte materno può migliorare in maniera passiva il sistema immunitario. Poiché il bambino non può ricevere alcuna dose di vaccino perché più vulnerabili, la presenza di anticorpi trasmessi dalla mamma può essere una buona forma preventiva contro il COVID soprattutto in questo periodo post- pandemia.

Carmelo Zappalà, il padre della giovane vittima Vanessa Zappalà, non trova pace per il tragico epilogo di una storia condizionata dalla e dalla violenza. La madre della vittima, Antonella Lanzafame, affranta dal dolore, riesce a stento a restare in piedi. È accompagnata dal alcune congiunte all’interno dell’abitazione della nonna materna della vittima, Pietra Trovato, che dista pochi metri dall’abitazione della stessa vittima. I volti dei familiari parlano di un dolore lacerante per una tragedia che poteva essere evitata.

“Non era questo il futuro che avevo sognato per mia figlia”. Parla il padre della sfortunata ragazza che sembra quasi giustificare il suo bisogno di parlare per cacciare fuori la sua rabbia. “Lei quell’uomo l’aveva amato; ne aveva conosciuto anche i figli, ai quali ogni tanto comprava un regalino. Ma il loro rapporto è stato sempre condizionato dalla gelosia è dalla violenza di questo individuo, che alla fine siamo stati costretti a denunciare. Il loro non è mai stato un rapporto tranquillo e nello scorso dicembre si erano già lasciati. Poi abbiamo avuto un chiarimento e hanno deciso di riprovarci, ma tutto ciò fin quando lui, in febbraio, non l’ha nuovamente massacrata di botte. “L’ho chiamato al telefono e mi ha risposto “hai una figlia menomata”.

Il padre racconta di un episodio “che ha dell’incredibile”, egli stesso dice. Appena rincasati, Vanessa si accorge che la porta de solaio al piano superiore si chiude. Il padre di Vanessa subito capisce che si trattava di Tony, subito dopo scopre che l’uomo era solito entrare lì come dimostrato dalla presenza di un tappeto di sigarette della stessa marca che fumava lui. L’uomo origliava le conversazioni della famiglia. Dopo svariati episodi la ragazza denuncia l’uomo che viene messo ai domiciliari. “Vanessa comincia a riappropriarsi della propria vita e sei proprio spazi di ragazza di 26 anni. Lo ha fatto per poco più di due mesi. Non potrà più farlo”. Conclude il padre affranto da dolore.

L’omicidio di Vanessa Zappalà ha rappresentato l’ennesimo episodio di femminicidio provocato dall’ossessione di un uomo che non si era rassegnato alla fine della storia d’amore con la vittima. Vanessa Zappalà aveva solo 26 anni, è stata uccisa sul lungomare di Aci Trezza dall’ex fidanzato Antonino Sciuto. Il 38enne era stato già denunciato per stalking dalla stessa vittima e in seguito a quella denuncia era stato posto ai domiciliari durati solo 3 giorni. Vanessa si è diplomata all’istituto tecnico economico “Enrico De Nicola” di San Giovanni la Punta, la descrivono come una ragazza tranquilla, buona, gentile, educata.

L’assassino era stato denunciato dalla vittima per stalking e per aggressione, la prendeva a calci e a pugni su tutto il corpo, le aveva distrutto casa, la minacciava: “ti prendo a colpi di pistola se scopro che hai un altro”. La ragazza aveva anche denunciato dieci agguato nel giro di cinque giorni. La pedinava, la seguiva ogni giorno, si era intrufolato di nascosto in casa con una copia di chiavi rubate partecipando alle conversazioni della famiglia dal soffitto. Le aveva anche messo un GPS sotto la macchina per essere informato riguardo ogni suo spostamento. La donna lo aveva denunciato, ma il GIP si è limitato a imporre all’uomo il divieto di avvicinamento alla donna.

Vanessa Zappalà stava passeggiando sul lungo mare di Aci Trezza con alcuni amici quando è stata raggiunta dall’ex fidanzato. La ragazza aveva già avvertito il pericolo e si era rivota all’uomo invitandolo ad andare via “altrimenti chiamo il maresciallo”, gli aveva detto. L’uomo però avrebbe seguito Vanessa e il gruppo di amici, e prendendola per i capelli avrebbe iniziato a sparare. Uno, due, sette colpi di cui uno alla testa che non ha lasciato scampo alla giovane donna. Il 38enne aveva preso a noleggio una macchina, aveva con sè la pistola perché aveva già pianificato l’omicidio: i carabinieri hanno trovato 28 proiettili calibro 7.65 nell’abitacolo della macchina che aveva noleggiato.

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