La proteina Spike del coronavirus, cosa sappiamo.

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Il gruppo di ricerca di Manolis Kellis al Massachusetts Institute of Technology (Mit) a Cambridge, negli Stati Uniti ha reso noti i risultati di un’ampia ricerca nell’ambito della genomica molecolare. Il virus SarsCov2, com’è stato dimostrato da studi in vitro, presenta una proteina Spike la quale permette al microrganismo virale di ancorarsi alle cellule bersaglio, cellule polmonari verso cui ha elevato tropismo, e penetrarvi velocemente. E’ proprio questa proteina Spike ad essere ancora oggi oggetto di studio: comparando le diverse varianti (inglese, sud-africana e brasiliana) i ricercatori hanno scoperto che la maggior parte delle mutazioni avvengono proprio a carico dei geni che codificano per la proteina Spike. E’ stato dimostrato che ognuna di queste varianti presenta più di 20 mutazioni e grazie agli studi nell’ambito della genomica comparativa è stato possibile identificare le mutazioni più rilevanti.

Gli studi condotti da un gruppo di ricercatori hanno permesso di ottenere una più dettagliata mappatura genetica del virus SarsCov2, che rappresenta una guida pratica utile ad individuare una strategia contro il Covid-19: questo manuale individua i geni che vengono tradotti dal microrganismo patogeno in proteine, quindi in ultima analisi permette di identificare le componenti proteiche del virus che possono essere sfruttate sia per il trattamento terapeutico sia per la formulazione dei vaccini; inoltre permette di individuare le mutazioni genetiche che permettono l’evoluzione di forme virali mutate e più resistenti.

Infatti è stato visto, confrontando il genoma del coronavirus responsabile della Sars con i 42 ceppi di Sarbecovirus (appartenente al genere Beta-coronavirus) che infettano i pipistrelli, che SarsCov2 presenta sei geni codificanti addizionali. Hanno escluso che possano esserci ulteriori geni codificanti da scoprire. Inoltre è stato visto che oltre al gene ORF3a, responsabile della replicazione del virus, c’è anche un altro gene coinvolto nella patogenesi, sfalsato di qualche base dall’altro, che è stato chiamato ORF3c. Questi studi hanno permesso anche anche di rivedere risultati emersi da studi precedenti: è stato visto che 5 regioni di RNA in realtà non codificano per geni funzionali.

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